Sul pannello a corredo del dipinto si legge:
Tabarca è una piccola isola in prossimità delle coste della Tunisia.
Negli anni successivi alla spedizione di Tunisi, l'isola venne ceduta agli spagnoli che la dettero in concessione ai genovesi.
La nobile famiglia dei Lomellini, con pescatori provenienti dal loro feudo di Pegli, la colonizzarono: l'isola era piccola e desertica, ma il mare intorno pullulava di corallo e proprio sulla sua pesca si basò lo sviluppo della comunità tabarchina.
Negli anni successivi il corallo progressivamente diminuì, ma la comunità – che raggiunse un paio di migliaia di abitanti – trovò nuovi affari, tra cui il contrabbando con gli stati barareschi.
In un certo senso Tabarca è la colonia più recente dei genovesi e verrà conquistata solo nel 1741 dalle trppe del bey di Tunisi che elimineranno così definitivamente, un centro di concorrenza commerciale.
I profughi dell'isola troveranno accoglienza e riparo in due isole quasi deserte del regno di Sardegna: San Pietro e Sant'Antioco. Ancora oggi le loro comunità, che parlano un dialetto genovese arcaico, si definiscono tabarchine
Durante la presidenza dell'Ingegner Massimo Triglia, il Lions Club Pegli decise di promuovere il restauro di un'opera, significativa per la comunità, conservata al Museo Navale.
Il Dottor Pierangelo Campodonico, allora direttore del Museo, propose il quadro "L'Isola di Tabarca", di forte valore evocativo per i pegliesi.
Egli ci segnalò che in passato, era stata ventilata quale opera di Pieter Mulier II, detto Cavalieri Tempesta
Il restauro consentì di attribuire la tela a Carlo Antonio Tavella, che in effetti aveva lavorato con il Tempesta, così come con Alessandro Magnasco e con Domenico e Paolo Gerolamo Piola.
In occasione della costituzione del Museo del Mare, il "nostro" quadro, assieme ad altri importanti reperti, fu trasferito nella nuova sede Galata al Porto Antico.